domenica 29 gennaio 2017

Piutost che nient, l’è mei piutost (*)

Questa frase, come potete vedere, o Voi che non masticate il dialetto nordico, e più precisamente il dialetto milanese (o lombardo dell’ovest) è famosa. 

Cioè, prima di diventare famosa sul sito del Milanese Imbruttito, in casa mia era già un must. Infatti è da anni che la sento nominare da mio padre. Quando vuole dire “accontentiamoci” la usa sempre. 

La uso anche io, diciamo per osmosi e anche perché in effetti, nei giorni tristi e ingrati che stiamo vivendo (chi più chi meno, ma nessuno esente), questa è la tipica frase feticcio. Quella frase che detta in un X momento, di una X giornata può risolvere annose diatribe. E di solito, questa frase, si erge a chiosa finale a qualunque tipo di discussione. È la ciliegina sulla torta della sfigatezza®. È il rum sul babà della tristezza. È la Nutella spalmata sulla fetta di pane casereccio della depressione. Insomma, va con tutto. Come il nero. 

(*) traduzione dialetto/italiano: Piuttosto che niente, è meglio il piuttosto. 


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